L’Etna è un vulcano particolarmente attivo che catalizza l’interesse e la curiosità non soltanto del mondo scientifico, ma anche dei mezzi di comunicazione i quali, spesso, trasformano ogni sua nuova eruzione in evento mediatico.
L’attività dei crateri sommitali è pressoché continua. Frequenti le fasi parossistiche caratterizzate da improvvise esplosioni e colate laviche, della durata di poche ore, che diventano un irresistibile richiamo per gli abitanti dell’area etnea e per i turisti, incantati dallo spettacolo offerto dalla natura. Distanziati di alcuni anni, invece, gli eventi eruttivi sui fianchi dell’Etna che, non di rado, spinge i propri fronti lavici a ridosso delle cittadine pedemontane, costrette a vivere giorni, se non addirittura settimane, di angoscia per i torrenti di fuoco che le minacciano da vicino.
L’Etna è considerato un vulcano soprattutto effusivo, contraddistinto da magmi basaltici, poveri di gas e a basso contenuto di silice, meno esplosivi rispetto ai magmi più ricchi di gas e di silice prodotti da altri vulcani. Dalla fine degli anni ’70 del ‘900 si è registrato un incremento degli episodi esplosivi, in particolar modo dai crateri sommitali. Rare le esplosioni devastanti; fra queste è passata alla storia quella del 122 a.C.
Attività
L’attività di un vulcano è definita terminale quando il magma risale per il condotto principale e trabocca dai crateri sommitali formando una colata lavica, spesso accompagnata da esplosioni, più o meno violente.
Si parla, invece, di attività laterale quando il magma risale per il condotto principale, ma trabocca da una fessura sui fianchi del vulcano. Poco a monte della fessura, in genere, si verifica l’attività esplosiva che, conclusa l’eruzione, lascerà i coni avventizi formati dai materiali espulsi. Diverse bocche eruttive allineate l’una dopo l’altra prendono il nome di bottoniera.
Nell’attività eccentrica, infine, il magma non risale dal condotto principale, ma da un condotto indipendente che si forma anche a notevole distanza dai crateri sommitali. Esempio di questo tipo di eruzione, tuttavia non frequente, sono i Monti Rossi di Nicolosi e il Monte Moio, oltre il bacino dell’Alcantara in Provincia di Messina.
Prodotti vulcanici
I vulcani, che da sempre affascinano l’uomo suscitando sentimenti di timore e meraviglia al contempo, altro non sono che fessure nella crosta terrestre dalle quali fuoriescono, in maniera più o meno costante, materiali (fluidi e solidi) e gas, suddivisi in prodotti lavici, prodotti incoerenti e prodotti gassosi.
LAVICI. Il vulcano è alimentato dal magma che risale dal sottosuolo, un composto fuso di silicati che, perdendo i gas ed componenti volatili di partenza, assume il nome di lava, termine che indica sia la colata allo stato fuso, sia la roccia solidificata. I magmi si dividono in acidi e basici in relazione alla quantità di silice contenuta, con composizioni intermedie comprese fra gli acidi (superiore al 65%) e gli ultrabasici (inferiore al 45%). Le lave dell’Etna, basiche e povere di silice, fuoriescono fluide e a temperature elevate (1.200 gradi circa). Al termine del processo di solidificazione, in genere, le colate mostrano la parte superficiale schiumosa e la porzione interna compatta.
Alcuni prodotti lavici assumono forme singolari che, in alcuni casi, assomigliano a vere e proprie sculture. Le stesse hanno mutuato nomi curiosi tratti dalla cultura popolare per la vaga somiglianza con manufatti e oggetti di uso quotidiano. Le lave “pahoehoe” (in hawaiano “pietre su cui si può camminare a piedi nudi”), sono molto fluide e formano una superficie liscia. Fra esse le lave “cordate” (a solidificazione avvenuta assomigliano a corde arrotolate); i “dammusi” (il cui nome rimanda ai tetti finti siciliani poiché, camminandovi sopra, restituiscono una sensazione di vuoto); le “cupole” (ammassi di lava che assumono una conformazione convessa). Nelle eruzioni che producono colate fluide può verificarsi il fenomeno dell’ingrottamento: i materiali esterni della colata si raffreddano diventando un isolante che permette alla lava sottostante di continuare a scorrere mantenendo la temperatura iniziale, per poi fuoriuscire, anche a notevole distanza da un’altra bocca chiamata effimera. È proprio l’ingrottamento a preoccupare maggiormente le popolazioni dei centri più vicini ai fronti lavici poiché i fiumi incandescenti, emergendo a diversi chilometri dal luogo di origine dell’eruzione, possono minacciare da vicino le opere umane.
Le lave “aa” (in hawaiano “pietre su cui non si può camminare”), rispetto alle pahoehoe fuoriescono a temperature più basse e sono più viscose, aspre e taglienti. È questo tipo di lava a caratterizzare gran parte del territorio etneo. Fra esse le lave a scaglie che formano un tappeto accidentato di rocce piccole e spigolose, note con il termine di “sciara”, e la “lava a blocchi” che si presenta come un ammasso caotico di lastroni.
Fra i prodotti lavici anche i “colonnari basaltici”, colonne di pietra a sezione pentagonale o esagonale la cui forma nasce dalla contrazione subita dal magma durante il raffreddamento, che si possono osservare lungo la Riviera dei Ciclopi e alle Gole dell’Alcantara; e le “lave a cuscino”, o “pillow”, formate in ambiente submarino dal raffreddamento del magma a contatto con l’acqua. Anch’esse si possono osservare lungo la Riviera dei Ciclopi.
INCOERENTI. Le esplosioni del vulcano sono causate dai gas contenuti dal magma, i quali, espandendosi repentinamente, ne producono la frammentazione L’attività esplosiva comporta l’espulsione di prodotti (piroclastiti) di varie dimensioni, classificati genericamente in bombe, lapilli e ceneri. Nella letteratura scientifica si citano anche polveri, sabbie, pomici e scorie. Più grandi di 64 millimetri sono le bombe che solidificano in aria, assumendo forme aerodinamiche, e ricadono nei pressi della bocca, o anche a distanza a seconda della violenza delle esplosioni. I lapilli (compresi fra 2 e 64 millimetri) e le ceneri (inferiori a 2), formano le nubi di polveri che si depositano intorno alla bocca esplosiva e che, sospinte dai venti, possono ricadere sui centri pedemontani o sullo stesso capoluogo, provocando disagi di varia natura.
Quando le esplosioni con espulsione di piroclastici si susseguono ad intervalli regolari si parla di attività stromboliana, nome che deriva dal vulcano Stromboli. Le esplosioni più imponenti che infiammano le notti siciliane disegnando nel cielo vampate di fuoco alte diverse centinaia di metri, e che di giorno formano colonne grigio-nere cariche di ceneri e brandelli di magma, vengono definite fontane di lava. Negli episodi più violenti, insieme alle fontane di lava, si formano nubi di ceneri e lapilli, alte anche qualche chilometro, che, sospinte dal vento, possono percorrere notevoli distanze. Nel passato, in alcuni casi, i materiali sono ricaduti sulle coste africane.
VOLATILI. L’emissione di gas e di vapori è un fenomeno naturale nella vita di un vulcano che si manifesta di continuo, non soltanto durante le eruzioni, come testimonia il caratteristico pennacchio che sovrasta perennemente la vetta dell’Etna.
I crateri sommitali, e non soltanto essi, mostrano attorno al bordo colorazioni intense che variano dal giallo al rosso, frutto del deposito sul terreno di sostanze chimiche emesse nella degassazione (i sublimati che passano dallo stato gassoso allo stato solido). Altro fenomeno che è possibile osservare in area sommitale è quello delle fumarole dalle quali fuoriesce il vapore formato dalle acque contenute nel magma o dalle acque piovane.