Le Forre laviche del Simeto sono le gole scavate dal fiume Simeto sulle lave dell’Etna nei territori di Bronte, Randazzo, Adrano e Centuripe, inserite nei SIC (Siti di Interesse Comunitario). Le pareti hanno un’altezza compresa fra i 5 e i 15 metri.
Etna e Simeto. I due elementi naturalistici dominanti in provincia di Catania, intimamente legati fra essi: la nascita del primo favorisce la nascita del secondo. L’edificio vulcanico che ha colmato il golfo pre-etneo ha, infatti, costretto le acque provenienti dai Nebrodi a regimentarsi in un corso lungo cento chilometri, il Simeto per l’appunto, che disegna un semicerchio attorno all’Etna sino a sfociare nello Jonio. Un legame che diviene quasi simbiotico nell’opera scultorea operata dal fiume sulle lave che ha inciso per scavare il suo letto, originando meravigliose balze e cascate.
Il Simeto è il più importante fiume siciliano, primo per estensione del bacino idrografico, secondo per lunghezza (113 km contro i 144 dell’Imera Meridionale). Nasce nel versante meridionale dei Nebrodi, a Serra del Re (Monte Soro) ma diventa Simeto a Maniace, poco oltre la Ducea di Nelson, dalla confluenza dei torrenti Cutò, Saracena e Martello. L’inizio della sua corsa avviene al Ponte di Bolo fra Maniace e Cesarò sulla statale 120. Pochi chilometri più a valle il fiume è scavalcato dal Ponte Cantera, nei pressi del quale si ammirano le Gole del Simeto (o Forre della Cantera). Per raggiungere i luoghi si percorre la provinciale 87 sino alla provinciale 17, su cui si trova il ponte.
Da qui, e per un lungo tratto, le lave dell’Etna entrano in contatto con il fiume che ne ha inciso la dura roccia. Facendo molta attenzione si segue la sponda sinistra del fiume per osservare dall’alto le anguste gole scolpite dalle acque sulle lave dei centri eruttivi antichi. Quindici-trenta metri d’altezza, cinque-venti metri di distanza fra le sponde, fra le quali le acque spumeggiano fra rapide e cascatelle.
Proseguendo per cinquecento metri (al bivio si scarta la strada di destra che prosegue per Cesarò) si raggiunge il Ponte normanno di Serravalle sul Fiume Troina, giunto ormai alla confluenza col Simeto. Anche in questo caso le acque incontrano le lave basaltiche, scolpite nel corso dei millenni.
L’altro luogo in cui il corso d’acqua ha scavato la pietra lavica è contrada “Salto del pecoraio”, poco a monte del Ponte dei Saraceni. Ritornati sulla provinciale 87 si percorrono circa quindici chilometri costeggiando l’argine sinistro; poi si svolta in direzione del fiume seguendo le indicazioni.
Il ponte dei saraceni, in origine romano, come testimonia la base dell’arco maggiore, venne riedificato dagli arabi e poi ricostruito nel XIV secolo. Mostra quattro archi (il maggiore a sesto acuto) e l’alternarsi della pietra chiara e della pietra scura. Dal ponte si osservano, verso monte e verso valle, le acque del Simeto scorrere fra le rocce laviche, incise dal costante lavorio. In un punto le sponde sono talmente vicine da poter essere scavalcate con un balzo (da qui la denominazione “Salto del pecoraio”). Per osservare il budello in cui scorrono le acque in un fragore assordante, si risale l’argine sinistro per qualche centinaio di metri, lungo la carrareccia che costeggia il corso, sino ad uno slargo dal quale si nota la strozzatura che dà inizio allo strettissimo canyon lavico.
(Ultimo aggiornamento 26 settembre 2014)