L’elefante di pietra lavica che si trova al centro di Piazza Duomo, a Catania, che è la parte essenziale della struttura architettonica della fontana dell’elefante, è chiamata dai catanesi “Liotru”. Probabilmente deve il suo nome al mago Eliodoro. Questi era un nobile catanese che aveva tentato senza successo di diventare Vescovo della Diocesi di Catania. Non riuscì nell’impresa. Rinnegò il cristianesimo, abbracciò l’ebraismo e fu considerato un negromante. Il suo oppositore fu il Vescovo di Catania Leone I “Il taumaturgo” che lo condannò al rogo in Piazza Duomo, chiamata all’epoca platea magna.
Non esistono documenti storici sulla realizzazione della statua dell’elefante. Secondo il geografo arabo Idrisi venne realizzata durante la breve dominazione cartaginese. Altre ipotesi sono quelle che ne danno la costruzione ai Romani dopo la vittoria su Pirro, altre ancora dicono che furono i bizantini a realizzarla. È certo che nel 1239 diventò simbolo ufficiale della città, prima di allora l’emblema cittadino era l’effigie di San Giorgio.
La statua prima di diventare un’opera monumentale si trovava dentro il Palazzo della Loggia, attuale Palazzo dei Chierici, sempre in Piazza Duomo. Dopo il sisma del 1693 il Palazzo della Loggia fu distrutto, il Liotro si salvò, tranne le zampe posteriori che si frantumarono. L’architetto Giovanni Battista Vaccarini restaurò le zampe della statua e tra il 1735 e il 1737 realizzò la fontana dell’elefante.
La statua del pachiderma di basalto nero ricavata da un unico blocco pietra lavica è l’elemento principale della fontana. Il Liotro è sormontato da un obelisco egittizzante, probabilmente proveniente da Syene (oggi Assuan). Secondo l’ipotesi del Principe Ignazio Paternò Castello questo obelisco era uno delle due volte del circo massimo dove giravano le bighe, l’altro giro è dentro il Castello Ursino.
Nel 1755 venne aggiunta la vasca. Nel 1826 la fontana fu circondata da una cancellata e un giardino. Nel 1905 venne realizzata una seconda vasca. Nel 1998 furono eliminati la cancellata e il giardino.
Leandro Distefano