L’Aquila del Bonelli* (Hieraaetus fasciatus, Vieillot 1822) – nel nostro dialetto semplicemente “aquila” – un tempo era molto presente in Sicilia, dove si concentra la popolazione italiana di questo rapace diurno, presente anche in Sardegna. Il suo areale parte dal nord-Africa e si estende fino a Spagna, Grecia e Turchia. Negli ultimi anni la sua diffusione sulla nostra isola è sempre più puntiforme a causa del bracconaggio, per la diminuzione degli habitat naturali e per l’urbanizzazione selvaggia. La legge 157 del 1992 include l’Aquila del Bonelli nell’elenco delle specie a rischio, ma questa classificazione purtroppo non serve ad evitare le molteplici minacce alla sua sopravvivenza.
Sull’Etna appare nelle quote più basse e dove esiste il suo habitat ideale, tra terreni aperti e zone di montagna, ove può scagliarsi sulle sue prede, dal coniglio selvatico, ai piccoli mammiferi. La femmina è più grande del maschio (ca 2 kg. di peso); le parti superiori sono bruno scuro, come la punta delle ali, mentre una macchia biancastra copre il dorso; vista dal basso, spicca il petto biancastro e striato; le ali mostrano una triplice fascia nera a mo’ di frangia, mentre la larga coda è segnata da piccole strisce orizzontali, sempre nere. Il suo richiamo è un cicalante kie-kie-ki-ki-ki.
*Il nome comune è un omaggio all’ornitologo italiano prof. Francesco Andrea Bonelli dell’800, direttore del Museo zoologico di Torino, col nome di “Falco Bonelli”. Il nome scientifico “Hieraaetus” è composto da “hierax”= sparviero, falco + “aetòs”= aquila, in Greco. L’aggettivo “fasciatus” si riferisce alle strie della coda oppure alle fasce scure della parte inferiore delle ali.