Il pensiero di Sergio Mangiameli sulla nomina di Carlo Caputo, nuovo presidente dell’Ente Parco dell’Etna
Ora so che se dovessi ricevere mai la proposta di ricoprire il ruolo di direttore del Museo Diocesano, potrei serenamente accettarla, senza sentirmi nemmeno un pelo fuori posto. Per i miei detrattori, il mio CV parlerebbe nientepopodimenoché di otto anni continui di astante alla messa domenicale, assunzione dei sacramenti di prima comunione e cresima, chierichetto, conoscitore a memoria dei canti corali e della funzione religiosa al completo. Che abbia un diploma di laurea in scienze geologiche, poi c’entra eccome. Così come c’entra la laurea in scienze politiche (conseguita in un’università telematica) del nuovo presidente del Parco Regionale dell’Etna, nominato, anzi investito dall’imperatore della Regione Sicilia. Perché per fare il presidente del Parco Naturale più importante della Sicilia, che contiene e tutela il vulcano attivo più alto d’Europa, più studiato e monitorato al mondo, sito patrimonio dell’umanità Unesco, occorre avere in CV azioni di salvaguardia dell’ambiente e titoli culturali o professionali adeguati, così come dice la legge. Cioè, essere appunto dottore in scienze politiche. Oppure non avere partecipato alle riunioni del consiglio del Parco (quando invece avrebbe dovuto come sindaco di Belpasso, paese che ricade all’interno del Parco dell’Etna).
Questa scelta d’investitura imperiale appare dunque quanto mai precisa, qualificata ed esemplare, soprattutto per mia figlia, che andrà a votare alla prossima tornata elettorale. Uscirà dalla scuola tra un mese, dopo anni di saggi sulla storia, manifestazioni sociali, incontri con personaggi portatori di cultura e gite studio nei luoghi istituzionali, dove ha appreso la coerenza di valori e la meritocrazia che si conquista con lo studio, il rispetto e la disciplina. Ecco, lei saprà esattamente cosa scegliere, quando sarà, assieme ad altre centinaia di migliaia di nuovi elettori, in cabina a barrare chi dovrà rappresentarla nel suo futuro. Mentre io, in silenzio, continuerò fino alla simbiosi con la poltrona del mio studio in Via Etnea, a elucubrare la riperimetrazione dei confini del Museo, la cementificazione del Terzo Polo d’ingresso al Museo stesso, e magari l’allargamento della Zona C fino alla cappella di Sant’Agata.