Ho un appuntamento il ventiquattro sera con un tizio vecchio, in sovrappeso, che indossa una casacca rossa e ha un’esagerata barba bianca. Si ferma quassù, sull’Etna, una mezz’oretta prima di iniziare un giro frenetico tra le case siciliane dove ci sono bambini. Porta loro dei regali.
I miei informatori, anzi le mie informatrici sugghie polari (i maschi sugghi lassù in inverno vanno a caccia di aurore boreali, che poi mettono in barattoli di aria fredda per l’estate), mi dicono che viene dalle loro parti e che si sbronza talmente tanto durante il viaggio in solitaria, al freddo e al gelo per mezzo mondo, che è convinto di volare tra le stelle con una flotta di renne. Le sugghie mi hanno suggerito che non bisogna contraddirlo, non perché si possa arrabbiare, ma perché può scomparire.
Mi sono messo a ridere – figuratevi, io, vomitevole essere strisciante, che rido con le scaglie che stridono come gessi sulla lavagna. Che ribrezzo!
Le sugghie artiche non hanno riso affatto, però. “Guarda, caro sugghiu etneo, che non è uno scherzo. E’ già accaduto, e sai cos’è successo? E’ successo che è scomparso il ricordo della meraviglia nelle menti di quei bambini, che poi sono diventati adulti senza slanci né passioni. Senza un sogno meraviglioso per cui insistere a vivere con tenacia”.
E il rubicondo alcolista artico, che c’entra?, ho chiesto.
“Non hai capito, si vede che sei maschio, e le cose ti si devono ripetere. E’ lui il custode della Meraviglia, dell’Attesa e dell’Incanto. Ti abbiamo fatto lo spelling, Sugghiettu niuru, se non te ne fossi accorto. M-A-I. MAI. Mai dovrai credere che non sia vero. Mai dovrai cedere alla ragione, mai al calcolo, mai al senso del ridicolo giusto in quella notte del ventiquattro di dicembre. Puoi farlo in tutte le altre notti dell’anno, ma non in quella. Dovessi mai dimenticartene, il prezzo sarebbe inimmaginabile. Non te ne accorgeresti subito, ma ti abitueresti a una vita talmente seria che diventerebbe inguaribilmente triste”.
Ho un appuntamento il ventiquattro sera con un tizio vecchio, in sovrappeso, che indossa una casacca rossa e ha un’esagerata barba bianca. Penso che gli porterò io una bottiglia di vino rosso doc dell’anno scorso. E credo che in mezz’oretta avremo il tempo di sederci sulla sciàra, ammirare quel che il cielo notturno ci porterà, e scolarci la bottiglia di Etna rosso con due calici di meraviglioso cristallo, brindando all’immaginazione che ci fa ritrovare ancora.