Debutto nazionale per “Decadenze” di MezzARIA Teatro nell’ambito del Premio “Catania Premia Catania” dello Stabile – sabato 20 novembre h. 21.00 Sala Futura
Debutterà in prima nazionale, sabato 20 novembre alle ore 21.00 nella Sala Futura del Teatro Stabile di Catania, “Decadenze” di Steven Berkoff, diretto da Giovanni Arezzo e prodotto da MezzARIA Teatro.
Lo spettacolo, che vedrà protagonisti gli attori Francesco Bernava e Alice Sgroi, è stato premiato nell’ambito del premio Catania Premia Catania assegnato dallo Stabile, la cui giuria era composta da Laura Sicignano, Raffaele Marcoccio, Filippa Ilardo, Simona Scattina e Stefania Rimini.
Questa la motivazione del premio: “Merito del progetto di Giovanni Arezzo per MezzAria Teatro, è quello di allargare lo sguardo alla drammaturgia contemporanea europea. La particolare qualità drammaturgica – scrive la giuria – allo stesso tempo, violenta ed evocativa, fanno di questo testo un perfetto banco di prova sia per le capacità attoriali che registiche, fornendo tutti i registri, dall’invettiva, ai giochi di parole, al linguaggio denso e ricco, a quello scabro e violento”.
“Decadenze parla della direzione che stiamo prendendo, tutti, a velocità folle e senza rendercene conto. E parla anche, indirettamente e, oggi più che mai, della necessità del Teatro, che è l’unico Luogo all’interno del quale possiamo riuscire a guardarci allo specchio”, spiega il regista Giovanni Arezzo.
SINOSSI E NOTE DI REGIA. Siamo nell’immenso open space di un attico lussuoso. Qui vive Helen, ed è appena entrato in casa Steve.
Steve è sposato con Sybil, ma è con Helen che va a letto e con cui ha una relazione. Stasera, proprio stasera, Sybil ha mandato Les, il suo amante, a pedinare Steve, suo marito, per smascherarne finalmente e senza dubbi la fedifraga. Ora, Les è sotto casa di Helen.
C’è un classico intreccio di tradimenti alla base della trama di “Decadenze”, capolavoro scritto del drammaturgo inglese Steven Berkoff nel 1981. Ma le corna. che sbucano dalle teste di tutti i personaggi della storia, sono soltanto un espediente, la base narrativa su cui costruire un’analisi spietata, senza scampo, credule e spaventosamente credibile, di cosa può e sa essere oggi l’essere umano, di quello che sono diventati i rapporti tra le anime, le relazioni tra le teste le polifonie dei cuori, di che cosa sta diventando, o è diventato già il mondo.
I personaggi di “Decadenze” sono personaggi pieni, parossistici, eccessivi, in tutto: amano ln modo eccessivo, odiano in modo eccessivo, e così parlano, mangiano, scopano, fumano, bevono, soffrono, si vestono, si mentono, urlano, ridono, rischiano, dimenticano, rivendicano.
Eccessivi nel desiderio, eccessivi nelle azioni, eccessivi nelle conseguenze’ Eppure, così piccoli e così simili a noi, nostro malgrado.
Come da consiglio dell’autore, che lo scrive nella prima pagina del testo, a interpretare i quattro personaggi di “Decadenze” saranno soltanto due attori. Nel mio caso, sono con me in questo viaggio Francesco Bernava e Alice Sgroi, che in un gioco di deliri visivi e acustici di frenesia e silenzi, spostano gli occhi dello spettatore a spiare ora Steve ed Helen e ora Les e Sybil.
I versi, perché “Decadenze” è scritto in versi separati l’uno dall’altro dallo slash, con la loro identità linguistica, ricercata e mai banale, fine anche nelle volgarità e nelle bassezze, la complessità sintattica, la scansione metrica, riempiono ogni tipo di spazio, in maniera tale che ho voluto che fossero I’unico elemento su cui costruire questa storia.
Versi così necessari, così incisivi che, che se pensati, se vissuti, se scanditi in azioni e reazioni dagli attori, diventano l’unica “scenografia” possibile.
Il nostro lavoro, dopo uno studio profondo del testo di Berkoff, è stato quello di creare un immaginario comune a noi tutti, che andasse dal luogo dove si svolge l’azione a tutto ciò che riguarda la biografia dei personaggi, andando a zoommare sulle relazioni che intercorrono tra loro, sulle aspettative, sulle volontà, sulle (non) prospettive, sugli incidenti. A questo abbiamo affiancato uno studio minuzioso sul suono del verso, sulle rime, sulle assonanze, sulle pause, cercando di restituire la musicalità che senz’altro ha il testo in lingua originale, e che può avere anche in italiano grazie alla splendida traduzione di Giuseppe Manfridi e Carlotta Clerici.