Etna, avvistata coppia di aquila reale

Luigi Lino: «Non è un evento eccezionale, sul vulcano presenti due coppie nidificanti»

Insolito avvistamento, seppur non raro, negli scorsi giorni sull’Etna, per tre escursionisti che hanno avuto la fortuna di imbattersi nel volo di una coppia di aquila reale nell’area orientale del vulcano. Omettiamo, volontariamente, di indicare il luogo preciso, per evitare l’inizio di una morbosa caccia all’avvistamento, se non proprio una caccia vera e propria, che possa turbare il soggiorno della coppia nel comprensorio etneo: preferiamo che siano le aquile a scegliere quando e a chi mostrarsi.
I tre escursionisti hanno raccontato a Etnalife di aver notato la coppia di rapaci e di aver pensato, inizialmente, a due poiane. Ma fotografando e osservando meglio, i tre hanno iniziato a nutrire il dubbio che si potesse trattare non della comune poiana, ma della regina dei cieli, la cui presenza è nota sull’Etna dall’istituzione del parco in poi, che ne ha segnato il ritorno.

Foto di Fabrizio Zuccarello

In particolare deponeva a favore dell’aquila l’apertura alare molto ampia, le penne primarie (la fine delle ali) ben differenziate, la colorazione dorata della nuca, il verso (grido) più netto rispetto quello della poiana che è, notoriamente, quasi un lamento e che ne ha anche dato il nome scientifico “Buteo buteo” (dal greco “buzo”, ossia “uccello che grida intensamente”).
A confermare che si trattava realmente di aquila reale sono stati, successivamente, alcuni esperti a cui sono state mostrate le foto, che pubblichiamo nella galleria. A dare la certezza a Etnalife che, effettivamente, si tratta di una coppia di aquila reale, è Luigi Lino – consigliere di Pro Natura Catania-Ragusa – a cui abbiamo sottoposto le immagini fornite dagli escursionisti.
«Le coppie di aquila reale sull’Etna sono due, almeno quelle di cui sono a conoscenza – dichiara Lino a Etnalife –: la prima è proprio quella che hanno avvistato i tre escursionisi e che vive nel versante orientale. L’altra si trova nell’area di Randazzo. Non c’è da meravigliarsi, l’aquila reale è presente sull’Etna e nidifica, e ciò avviene da circa quarant’anni».

Che abitudini ha?
L’aquila reale è all’apice della piramide alimentare, caccia addirittura anche la volpe: io stesso sono stato testimone della cattura di un esemplare giovane. Ha bisogno di spazio per cacciare. Può contare su una vista eccezionale, con duecento punti luce e, addirittura, ha anche lo zoom, e riesce a rimanere anche una settimana senza cibarsi e ciò fa parte della sua biologia. Un tempo ce n’erano di più sull’Etna, ma la scarsità di prede ne limita gli esemplari. Anche i piccoli, una volta adulti, devono cercare una propria zona perché diventano competitivi con i genitori. E allora si spostano sui Nebrodi, o sulle Madonie o in altri luoghi ancora.
In genere nasce un piccolo, raramente due: quando accade, di solito il più grosso ammazza l’altro. Se è presente cibo sufficiente riescono a sopravvivere entrambi. Quando diventano adulti e inizia la fase erratica, come detto, devono andar via. Possono percorrere anche grandi distanze sfruttando le correnti ascensionali che limitano la fatica.

Dieci anni fa avete ritrovato due aquile ferite. Quali furono i motivi?
Mi ricordo bene quegli episodi: la prima si ferì dopo aver sbattuto in volo contro un cavo, l’altra aveva diversi problemi ed era debilitata. Forse era stata liberata dai genitori ed era in difficoltà. La prima morì, la seconda la curammo e la liberammo alle Ripe della Naca.

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