Tre giorni e tre notti di musica elettronica a Piano Pernicana. Abbiamo ricostruito la vicenda dando la parola a Parco, Comune di Linguaglossa, organizzatore e ambientalista
La vicenda, in sintesi, si può racchiudere così. La “tekinsicily23” allestisce l’Etna Burning Festival (24-25-26 aprile a Piano Pernicana, Linguaglossa, zona B del Parco dell’Etna e Sito di Interesse Comunitario), evento di genere goa, musica elettronica dai ritmi potenti, solitamente proposta ai “rave parties”, nata tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta nello stato indiano di Goa. Un evento che ottiene le autorizzazioni necessarie da Comune di Linguaglossa e Parco dell’Etna. Ma, al primo tono che si propaga per la Pineta Ragabo, si capisce che di quella musica “ambient” o “yoga”, che tutti credono stia per vibrare fra gli aghi di pino, non ci sarà nemmeno il “la” iniziale. Al contrario, iniziano tre giorni da incubo per quanti hanno deciso di trascorrere il fine settimana del 25 Aprile nelle strutture ricettive della Mareneve, poichè la musica assordante, che giunge sino a Linguaglossa, martella di continuo, anche la notte. Notti e giorni da incubo anche per i naturali “residenti” del bosco, la fauna che vive un periodo delicato, la primavera, poiché nidifica e si riproduce.
Sabato mattina 25 aprile sono le associazioni naturalistiche, le strutture ricettive e, singolarmente, i fruitori del parco, a chiedere spiegazioni e a provare a mettere la sordina alla musica. Tutto inutile, si prosegue sino alla conclusione. A sollevare per primo la vicenda è il giornale on line Meridionews, che ospita gli ambientalisti inferociti per quella che è considerata una violenza nei confronti della natura e della fauna di Piano Pernicana, sicuramente impaurita da tre giorni di musica ad alto volume, che potrebbe aver abbandonato i nidi o patire difficoltà nella predazione dopo le notti insonni per la paura. A lamentarsi anche i titolari delle strutture a ridosso della Mareneve che avrebbero visto la fuga dei propri clienti dopo la notte “elettronica”.
Inizia una indagine del Corpo Forestale, ancora in corso, dalla quale emergeranno le, eventuali, violazioni e responsabilità.
Della musica goa sull’Etna rimane un’approfondita conoscenza, visto che in tanti si sono documentati sulle sue origini, e l’eco assordante delle polemiche. “Non ci fanno spostare nemmeno una pietra…”, è il refrain con cui il Parco dell’Etna convive sin dalla sua nascita e che adesso si moltiplica per cento, dinanzi ad un evento che, non ci vuole molto a capirlo, è in netto contrasto con l’essenza stessa di un’area protetta, oltre che con le regole.
Siamo convinti che il Parco dell’Etna abbia rilasciato le autorizzazioni ignorando il genere di musica proposto (ascoltala su youtube) e dei decibel che si sarebbero propagati nel bosco. Non pensiamo affatto che, d’improvviso, nell’ex Monastero di San Nicolo l’Arena siano impazziti tutti ed abbiano deciso di trasformare i boschi dell’UNESCO in una discoteca a cielo aperto. Tuttavia, per il futuro, ci si attende una maggiore attenzione nel rilascio delle autorizzazioni, con la possibilità dell’immediato ritiro nel caso di palesi violazioni del regolamento.
A giudizio di chi scrive, nella vicenda dell’Etna Burning Festival, vi sarebbero diverse violazioni del “Regolamento per le attività di fruizione del Parco dell’Etna”, e in particolare dell’articolo 4 “Attività di fruizione e disciplina degli accessi”, nel quale si legge, fra le altre cose,: “… vietato l’uso di radio, radioline, giradischi, strumenti musicali a volume elevato, fare schiamazzi e richiami ad alta voce, che siano fonte di rumore”.
Non ce ne vogliano appassionati e organizzatori, ai quali va riconosciuto il merito di aver lasciato il sito come lo avevano ricevuto, sembrerebbe addirittura meglio. Riteniamo, infatti, che questo tipo di eventi, e non solo la musica techno, ma, ad esempio, anche il rock e tutte le manifestazioni che richiedano amplificatori di una certa potenza, siano del tutto incompatibili con un’area protetta nella quale a scandire i ritmi della vita dovrebbe essere soltanto la natura, e non certo il synth, con l’uomo, spogliato di quel ruolo di “dominatore” che interpreta nella società urbanizzata, che lascia il ruolo di protagonista alla natura che dovrebbe semplicemente imparare ad ascoltare.
Non auspichiamo affatto, per il Parco dell’Etna, l’affermazione di un integralismo ambientalista che miri alla mummificazione del territorio, ma crediamo che si possano, e si debbano, proporre quelle iniziative che meglio si sposano con l’ambiente e che non siano in contrasto con la tutela.
A questi criteri dovrebbero ispirarsi gli amministratori dei comuni del Parco dell’Etna, spesso molto critici e allergici a orpelli e regolamenti, i quali chiedono da sempre che il territorio diventi un volano per lo sviluppo e non di certo una zavorra.
Sindaci e assessori dovrebbero riflettere sul fatto che lo sviluppo legato alla fruizione del parco non nasce da questo tipo di eventi e che, semmai, questi allontanino la costruzione di quello sviluppo di qualità basato sull’incontro fra territorio e prodotti locali soprattutto in un’area, quella nord del vulcano, in cui le eccellenze, a cominciare dai vini, sono tante.
Le manifestazioni che richiedono imponenti amplificazioni e che attirano migliaia di spettatori dovrebbero essere proposte sempre all’interno del perimetro urbano in luoghi meglio attrezzati (piazze, stadi, teatri all’aperto) e non certo in un bosco, ricadente in un’area protetta a marchio UNESCO, oltre che SIC.
Insomma, facciamo in modo che questa vicenda giovi a non ricadere, in futuro, negli stessi errori.
In ultimo vogliamo esprimere la piena solidarietà ai colleghi di Meridionews che hanno sollevato per primi il caso e che, proprio per l’inchiesta giornalistica, sono stati oggetto di un vile attacco sui social network da parte di partecipanti all’evento (siamo certi che gli organizzatori se ne dissoceranno), ricevendo gli insulti e le minacce a cui, purtroppo, i social ci hanno ormai abituato.
Siamo certi si tratti di voci isolate e che la grande maggioranza dei partecipanti all’Etna Burning Festival siano pronti a condannare questi eccessi. Sappiano i colleghi che non sono soli e che siamo pronti ad affiancare il nostro volto al loro.
GLI INTERVENTI
Sulla vicenda dell’Etna Burning Festival abbiamo chiesto un intervento alle figure direttamente coinvolte in questa vicenda: al Presidente del Parco dell’Etna, Marisa Mazzaglia; al Sindaco di Linguaglossa, Rosa Maria Vecchio; all’organizzatore, Gioele Cocco. Abbiamo intervistato anche Luigi Lino, responsabile del Fondo Siciliano per la Natura, per ospitare il parere di chi si occupa quotidianamente di ambiente.
Marisa Mazzaglia, il Presidente: “Gli abusi, se accertati, vanno condannati”
Il Presidente del Parco dell’Etna, Marisa Mazzaglia, ha inviato a La Freccia Verde ed Etnalife la seguente nota:
“In linea di principio il Parco è aperto ad ospitare eventi nel suo territorio così come avvenuto, senza alcuna polemica o lamentela, sempre il 25 aprile ai Monti Sartorius con il Taiji. L’Etna Burning Festival, per il quale il Comune di Linguaglossa aveva individuato l’area di Piano Pernicana ed ha fornito i servizi, ci era stato presentato come un evento di musica spirituale, non in contrasto con i principi di tutela del Parco. Così evidentemente non è stato se sono arrivate le lamentele dei gestori e degli ospiti dei rifugi vicini e questi abusi, se accertati, vanno condannati. Credo tuttavia che l’episodio del festival di Linguaglossa ponga un tema su cui tutti insieme, cessati i clamori delle polemiche, siamo chiamati a riflettere: il tema dell’equilibrio tra tutela dell’ambiente e fruizione, che in un Parco va adeguato prioritariamente alle peculiarità dei luoghi. L’augurio che mi sento di esprimere a tal proposito è che come la natura, tornato il silenzio a Piano Pernicana, saprà ritrovare il suo equilibrio, anche la nostra comunità, composta di istituzioni, cittadini, fruitori ed operatori economici, sia capace di trovare l’armonia fra il rispetto dell’ambiente e le istanze della fruizione anche ascoltando e dando spazio, senza demonizzarli a priori, ai giovani, che spesso si esprimono con linguaggi diversi da quelli canonici.”
Rosa Maria Vecchio, il Sindaco: “Autorizzazione condizionata al parere del Parco”
Il sindaco del Comune di Linguaglossa, Rosa Maria Vecchio, tramite l’Ufficio Stampa dell’Ente, ci ha inviato la nota seguente:
“L’assessore al Turismo mi aveva riferito che vi era stata la richiesta dell’associazione di organizzare un festival nella zona montana. Il nostro funzionario ha dato un’autorizzazione condizionata al parere del Parco dell’Etna, che ha il compito della tutela dell’ambiente. Nel momento in cui si è svolta la manifestazione, il Comune ha fornito i servizi essenziali e la vigilanza, garantendo l’ordine pubblico”.
Gioele Cocco, l’organizzatore: “Abbiamo dato fastidio alle discoteche della zona”
Abbiamo intervistato Gioele Cocco di “tekinsicily23”, l’organizzazione non riconosciuta che opera da 20 anni e che ha allestito l’Etna Burning Festival.
D. Secondo lei perché si è scatenata questa reazione contro il vostro evento?
R. Per me è solo una questione di interessi. Ad altri è stato vietato di organizzare manifestazioni simili, a noi, invece, è stato concesso. I ristoratori volevano vendere all’interno del festival e visto che non li abbiamo fatti entrare hanno scatenato tutto questo.
E poi abbiamo dato fastidio. Le discoteche della zona hanno avuto meno clienti perché la gente è venuta da noi. Per questo ci hanno fatto la guerra.
Secondo lei questo genere di musica è compatibile con il parco? Non è un genere che dà fastidio agli animali?
Secondo me la musica non dà fastidio agli animali. Il colpo di fucile è una cosa diversa. Quella sì, ma la musica no. E poi dopo la prima sera abbiamo anche abbassato il volume e per questo tanti partecipanti si sono lamentati.
Voglio pure aggiungere che abbiamo lasciato pulito il posto che ci è stato concesso e che, addirittura, adesso è ancor più pulito perché abbiamo raccolto pure l’immondizia che c’era già. Abbiamo anche ritrovato delle lastre di eternit abbandonate nel bosco.
Il prossimo anno proporrà nuovamente l’Etna Burning Festival?
Sì, certo. Anzi posso dire che mi dedicherò soltanto a questo evento. Ma cercherò un altro posto che sia più idoneo ad ospitarci. Chiederò al Corpo Forestale, che in questi giorni è stato gentilissimo, di indicarci un posto migliore dove si possa evitare quel che è accaduto quest’anno. In realtà devo dire che non ho chiuso occhio nei giorni del festival perché ero troppo preoccupato. Soprattutto i pini e gli aghi secchi mi preoccupavano perché sono facilmente infiammabili. Il vero pericolo è stato quello.
Luigi Lino, l’ambientalista: “Il danno c’è stato. C’è da augurarsi che la natura si rigeneri in breve”
Abbiamo chiesto a Luigi Lino del Fondo Siciliano per la Natura, cosa potrebbe accadere alla fauna di Piano Pernicana, dopo i tre giorni continui di musica.
D. Intanto, lei che idea si è fatto sulle responsabilità in merito a questa vicenda?
R. Per me chi ha rilasciato le autorizzazioni era in buona fede. Sono convinto che non fosse a conoscenza del tipo di musica che si sarebbe proposta. Adesso bisogna fare tesoro di quanto accaduto e fare in modo che non si ripeta più in futuro.
Quali sono le conseguenze ipotizzabili da tre giorni ininterrotti di musica assordante nei boschi di Linguaglossa?
Intanto devo dire che quella zona si chiama Piano Pernicana perchè un tempo era pieno di coturnici che in siciliano si chiamano erroneamente pernici, e i piccoli si chiamano “pirnicani”. Il problema vero è che questo è un periodo di nidificazione degli uccelli e di riproduzione dei mammiferi. Se non fosse stata primavera, ma agosto, l’impatto sarebbe stato inferiore. La musica ha disturbato gli animali notturni e diurni: quelli notturni perché ha influito sulla predazione; quelli diurni perchè sono stati disturbati per più notti e, di conseguenza, hanno avuto difficoltà a cacciare. Per quanto riguarda gli uccelli impegnati nella nidificazione, avrebbero anche potuto abbandonare il nido.
In quanto tempo si supera lo choc?
Non si può dire con certezza perché bisognerebbe fare un sopralluogo e capire cosa è realmente accaduto. Il danno sicuramente c’è stato. C’è solo da augurarsi che la natura si rigeneri in breve. Se hanno abbandonato i nidi devono tornare a nidificare e a deporre le uova. C’è solo da augurarsi che non li abbiano lasciati e che tutto torni come prima.
L’equilibrio biologico che si è formato sull’Etna è stato favorito dal fatto che l’uomo non ha potuto raggiungere tutti i luoghi. La nascita del parco ha ulteriormente migliorato la situazione. Adesso non bisogna assolutamente alterare quel che si è creato e che si sta ancora creando.
Pietro Nicosia (articolo pubblicato sulla testata giornalistica on line “La Freccia Verde”)
(29 aprile 2015)