Giornata di formazione a Catania per l’area Ram6. Il presidente generale Vincenzo Torti afferma: «Senza motivi di rischio, non è giustificata la chiusura della montagna»
Il Club Alpino Italiano, nella persona del suo presidente generale, Vincenzo Torti, prende posizione sulla chiusura “sine die” della vetta dell’Etna al libero escursionismo. L’autorevole intervento, che riassume un pensiero condiviso fra i soci del Cai e che “sposa” la posizione portata avanti ormai da alcuni anni dal Comitato Etnalibera che si batte per la riapertura della cima del vulcano alle libere escursioni, è giunto nell’ambito della giornata di formazione del Club Alpino Italiano, riservato ai soci del Sud Italia (Ram6), “La responsabilità nell’accompagnamento in montagna” che si è svolta sabato scorso (28 aprile) presso il Palazzo della cultura di Catania.
Torti ha espresso il suo pensiero sia nella conferenza stampa che ha preceduto i lavori, sia nel corso della giornata di formazione, e il suo ragionamento si riassume in una montagna libera “di” essere vissuta e libera “da” divieti.
LA CONFERENZA STAMPA NELLA SEDE DEL CLUB ALPINO ITALIANO DI CATANIA
«Il Cai desidera frequentare liberamente la montagna – argomenta il presidente – che non si traduce in libertà totale. Vi sono delle aree che per motivi legati alla biodiversità in certi periodi non si frequentano. E se si ipotizza il rispetto della biodiversità non si può non considerare la sicurezza della persona. Detto questo, se non sussistano motivi di rischio, non è giustificata la chiusura della montagna. Vi sono dei segnali che precedono l’attività del vulcano a fronte delle quali si possono adottare dei provvedimenti di volta in volta, non privando la Sicilia di godere pienamente di una montagna straordinaria qual è l’Etna».
Il presidente ha aggiunto che è giusto affidarsi alla professionalità delle guide (le uniche al momento autorizzate a “scortare” gli escursionisti sino ai crateri sommitali ndr), ma le escursioni con le guide devono essere una delle possibilità, non certamente l’unica.
D’altronde, vietare a quanti abbiano capacità ed esperienza per poter raggiungere in autonomia la vetta dell’Etna, rappresenta una insopportabile limitazione, così come specifica la piattaforma del Comitato Etnalibera. Inoltre, i divieti imposti al contesto etneo stridono dinanzi alla libertà di cui beneficiano altri luoghi italiani, come il monte Vettore, “spaccato” letteralmente in due dal terremoto di Amatrice, dove l’escursionismo resta libero, o il Cervino dove le statistiche parlano di 8 morti l’anno: è sacrilega la sola idea di impedire l’accesso alla “piramide” delle Alpi Pennine. Gli ultimi decessi per fenomeni vulcanici sull’Etna, 9 persone, sono del 1979, in pratica quarant’anni fa.
Aggiunge il vulcanologo e docente dell’Ateneo catanese, Carmelo Ferlito, intervenuto alla giornata di formazione sul “rischio vulcanico”: «L’Etna è uno dei vulcani costantemente monitorati, anche se non esiste una prevedibilità assoluta degli eventi. Il rischio è insito in qualsiasi attività umana e alpinistica. Personalmente provengo da una generazione che si è formata “sul campo” e impedire l’accesso alla vetta, in particolar modo ai giovani, significa togliere loro la possibilità di crescere».
Il seminario del Cai ha affrontato anche altri argomenti: gli aspetti penali, civili e assicurativi legati dell’accompagnamento in montagna sia a titolo professionale sia in forma amicale; le problematiche relative al rischio di gestione, alla luce della condanna dei dirigenti della Riserva delle Maccalube di Aragona, dopo la morte di due bambini a causa di un evento parossistico; l’accompagnamento in montagna o in altri contesti di minori e disabili; le “buone pratiche trasversali” per la diversa tipologia di persone accompagnate (minori, iscritti Cai, studenti, scout, gruppi parrocchiali, e diversamente abili, sia fisici che psichici), e alle attività di arrampicata in contesti diversi: falesia, palestra sezionale, struttura mobile.
Infine, Torti ha annunciato il rilancio del “Sentiero Italia” – che tornerà a chiamarsi con il suo nome originario per espressa volontà dei fondatori –, per il quale il presidente Cai ha firmato una convenzione con la Regione Siciliana. Con i suoi settemila chilometri sarà il sentiero più lungo del mondo e consentirà di scoprire il Belpaese dalle Alpi alla Sicilia.