– Cosa c’è?
– Non lo so, cosa c’è. Non sarei qui, se lo sapessi.
C’erano nuvole che s’addensavano, non tanto per provare a far piovere. Era la curiosità che le spingeva a toccarsi, shh-fai-silenzio, spostati un po’ che voglio sentire anch’io. Qualcuna si appoggiò su qualcun’altra, le più piccole si posizionarono sulle spalle delle nuvole più grandi. E provarono a far silenzio, in attesa, come se fosse la discussione più importante del mondo.
Le nuvole guardavano giù una piccola casa di pietra isolata a quasi duemila metri di quota, da dove si osservavano solo orizzonti naturali. Quei due uomini seduti vicini, con le gambe penzolanti dal muretto dell’ovile, erano gli unici nel raggio di molti chilometri. Quei due uomini, a guardarli bene, sembravano molto simili, quasi uguali – ma questa è solo una libera interpretazione senza prova, perché le nuvole si sa che non ci vedono benissimo.
– Ti posso solo dire che mi sento dentro un vuoto che cresce…
– Paura?
– Già. Paura di non farcela a metterli in moto, ‘sti ragazzini senza dolore e senza passioni. Li vedo che sorridono, si messaggiano su uozzàp e su feisbuc, ma non si cercano davvero, non hanno la fregola di vedersi in carne e ossa. Gli basta così, vedersi in foto per finta dodici volte al giorno!
– E che vorresti? Non mi dire però “ai miei tempi”! E’ un errore di pensiero che da te non voglio ascoltare. I tempi finiti sono davvero finiti e quel che ci resta è solo il tempo presente. Qui e adesso c’è tutta la nostra vita. I bambini e gli animali lo sanno.
– Ma cosa è mancato, allora, a questi bambini diventati ragazzi?
Le nuvole si mossero, qualcuna rombò piano, un debolissimo tuono smorzato. Erano tutte con i lembi tesi per ascoltare meglio.
– Non è questione di dolore, se proprio lo vuoi sapere. Credi che non ne abbiano già abbastanza, ‘sti ragazzini? Credi sia facile vivere in famiglie lacerate e inesistenti, dove mancano le figure di riferimento e tutto diventa possibile, senza regole? Dove tutto può diventare il suo contrario il giorno dopo, e quel che è stato viene sostituito da qualcos’altro, di nuovo, di più divertente.
– Come se fosse il nuovo gioco usa-e-getta in promozione al nostro parco commerciale…
L’uomo si voltò a cercare lo sguardo dell’altro, che arrivò con naturalezza. Le nuvole trattennero il tuono.
– Vedi che ci sei arrivato… I ragazzi si abituano al consumo di emozioni che vedono insegnato. Si abituano alla replica rinnovata senza valore, come fosse qualcosa appunto che si possa comprare, buttare e comprare daccapo.
– Forse anche per annullare il dolore.
– Mi vuoi fare arrabbiare? Sai bene che il dolore non si annulla, e si allontana solo se si vive fino in fondo. Lo sanno bene anche gli altri tuoi coetanei a cui piace molto questo gioco del compra-e-butti. Quel che invece i tuoi coetanei fanno finta di non ricordare è il ruolo, l’impegno preso. Lo sanno anche i bambini e gli animali, l’importanza del ruolo. Parlo del confronto continuo per mantenere il fatto di essere padri, e il rispetto che ne consegue. Dico della coerenza quotidiana necessaria per fare la madre, e il rispetto che ne consegue. Voglio dire che le regole servono a tutti, e sono guai a non ricordarlo. Oltre ai bambini e gli animali, anche le pietre sanno questo. I cristalli non crescono senza un ordine preciso. E’ la natura che abbiamo dentro, il nostro chiaro orizzonte.
– Mmm… ma non mi torna il conto per la passione.
– Me lo dici perché sei arrivato fin quassù in bici dopo un’ora di fatica? Puoi comprarti mai un momento come questo?
– Mmm…
– E’ il valore che dai alla tue scelte, che può fare di te un uomo appassionato, e di tuo figlio che ti osserva, un ragazzo motivato. E’ la cura necessaria a perseguire questo valore. E’ tutta qui, la differenza.
– Perché ancora non lo vedo?
– Perché non dai il giusto valore all’attesa.
Le nuvole ruzzolarono e un tuono come si deve mise fine a questa stranissima discussione tra due uomini uguali come due gocce d’acqua. Nessuna pioggia venne giù, forse per non dilavare proprio questa, che sembrò la discussione più importante del mondo.