Ho visto un gran daffare di chistiani. Si sono cercati, poi si sono riuniti, e riuniti ancora, hanno discusso, scritto, corretto, tolto, aggiunto parole per cercare un’intesa comune. Due mesi. Appuntamenti, prove di lettura, ri-prove, emendamenti di forma, e di nuovo riunioni. Due mesi di riunioni.
Alcuni di questi chistiani si alzano e con motivazioni varie, vanno via, senza rancore e senza offesa, per una pazienza che sembra surreale. E a me è scappato da ridere una prima volta. Ve lo dico: la questione è la loro terra, questa Montagna: lasciarla in mano al figlio del nuovo padrone, il principe Burò di Kràtos, che decide ormai da due anni quando aprire i cancelli del vulcano e far visitare i crateri in cima, oppure preparare una rivoluzione di Carta e Penna, con delle intenzioni da far siglare a quante più mani per dimostrare a certi altri chistiani in giacca-e-cravatta che hanno facoltà di parlare e decidere, che la rivoluzione di Carta e Penna conta un sacco di sostenitori, e dunque è cosa buona giusta e il principe Burò di Kràtos può andare giocare a scacchi da un’altra parte.
Rido, perché mi chiedo che minchia fanno quei chistiani in giacca-e-cravatta che hanno facoltà di parlare e decidere, eletti a rappresentanza di tutti gli altri chistiani del popolo, se non hanno ancora capito la questione di base di questa Montagna? Loro fanno questo di lavoro, e dovrebbero saperlo già, dovrebbero già aver detto al principino di andare a quel paese, dove è possibile giocare a scacchi giorno e notte, dove le parole “messa” e “sicurezza” sono di casa come il sale e l’olio, o come le videocamere e gli antifurti. E’ il paese dei parchi commerciali. Questo della Montagna è invece un Parco Naturale, e chi non capisce la differenza, e col collo teso si esprime con piglio gallinaceo, affermando che “però è giusto garantire la sicurezza dei visitatori”, è bene che si interni da solo in un grande Parco Commerciale. E non esca più.
Dicevo, che dopo due mesi di estenuanti riflessioni, di tira e molla e via dicendo, la Carta Montagnalibera è stata finalmente partorita, il tempo esatto di gestazione di una cagna. Bastarda. Dunque con prole mendelianamente di geni coriacei, di tempra resistente. E il cucciolo di ferro è stato esposto.
L’altra sera, in un paesino, un buon numero di chistiani lo hanno guardato, esaminato da vicino, e se n’è discusso fino a che la sera è diventata notte. C’erano anche quelli che hanno facoltà di parlare e decidere in parlamento, quelli eletti rappresentanti. Forse qualcuno di loro l’ha capito davvero, il senso di aver voluto quel cucciolo di ferro dalla forma di Carta. Ma si potevano contare sulle dita di una mano. I più brancolavano con parole goffe, e quando ho sentito uno di loro dire così a uno dei chistiani che si sono dati il gran daffare: “Io sono con voi, ma cosa posso fare in parlamento? me lo suggerisca lei”, io mi sono piegato dal ridere per la seconda volta. Non mi ha visto nessuno, tranquilli, non è che si diventa Sugghiu per sbaglio.
Avevo sonno, ma ho resistito al fiume di parole e alle grandi intenzioni espresse in fila, che se fossero esattamente vere, io non avrei più ragione di stare quassù a mangiarmi il fegato. Alla fine, come per incanto o per destino, il centro si è toccato, il pubblico ha capito, forse tutti hanno capito e nei loro sguardi il sonno m’è passato. Perché ho visto la mossa, il guizzo di vita, lo stupore e la rabbia. Com’è possibile davvero che il principe Burò di Kràtos da due anni gioca a scacchi tra la Voragine e il Sudest e non ce ne siamo accorti?
Mi sono intrufolato tra i chistiani, ormai alzati a fine spettacolo, e nei rivoli di pensieri di pancia, sui bordi di sibili tanto irriverenti quanto impronunciabili, mi è piaciuta un’ipotesi lanciata in un’aria piccola da una chistiana sottile. Ve la dico: “Ma se invece di tutto questo come-fare, tutto questo come-cambiare, riunirsi ancora, tavoli tecnici, interpellanze parlamentari, audizioni programmate, si piantasse una bandiera? Una semplice bandiera rossa come per il mare agitato: bandiera rossa per terra agitata”.