Sugghiata #39: Scendo qui

Ho fatto un viaggio in uno spazio non molto ampio, ma in un tempo invece di una certa lunghezza: 10 anni. Che non sono pochi – intendo, per compiere un viaggio.
Come tutti i viaggiatori, anch’io – anche se brutto, basso e sporco – ho avuto le mie motivazioni di spinta, le mie paure da affrontare e le tensioni da smaltire. E certe perdite, di una penosa profondità, che mi hanno tenuto in cammino per dieci anni, lungo un viaggio che ha avuto il suo contorno nell’espressione scritta, la ricerca della parola esatta, giusta per ogni luogo emotivo, l’aggettivo scelto tra mille, per il colore preciso, per la fiammata a marchio di un ricordo perenne, e i verbi, presi con cura per modulare la melodia indimenticabile e replicare al meglio la fantasia che avevo in mente.

Il ritmo inventato di una musica letterale, la sfida di sperimentare brividi nuovi, quel voler sfiorare le corde dell’anima e far sgorgare lacrime e sorrisi, ricordi e speranze, baci e gelo, sono state tappe necessarie per arrivare fino a qui, adesso. Io ero un chistiano come voi, questo lo sapete. Quello che non sapete è che ora, che il viaggio è finito, io ritorno a essere un uomo. Mi tolgo le scaglie, la coda tozza, e questa forma in cui mi sono voluto identificare, compresa la mia ricerca della solitudine da rettile. Torno con la pelle, i peli, il sudore e le voglie degli uomini, e con due consapevolezze in più, che dieci anni fa non avevo. La prima è che la cura sta nella malattia, e bisogna ammalarsi per guarire.

La seconda è che la fine della strada è solo l’inizio di un’altra, e fate attenzione a credere davvero che il vostro obiettivo sia esattamente quello che avete in testa, e non proprio il suo contrario – è il traguardo che interessa, o quello che inizia inaspettatamente dopo aver finito l’ultima carica?
Io scendo qui. Ma non il senso del Sugghiu, che continua, indipendentemente da me, a correre tra le sciàre e i boschetti dell’Etna, nelle memorie e nelle certezze di alcuni suoi abitanti, così radicati a questa terra che lo vedranno ancora e ancora e ancora, molto più di una favola seria, come una cosa per cui non si può fare senza, come fosse solo credere a se stessi.

La quarantesima sugghiata sarà totalmente diversa dalle altre, perché non più fatta in solitaria, ma condivisa. Non sarà solo scritta, ma ascoltabile e visibile. Sarà qualcosa di speciale, come noi chistiani, che ancora amiamo sorprenderci. Insieme.

A presto e credetevi.

‘U Sugghiu


Disegno di Riccardo La Spina

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